Lo stesso Ernesto ha definito questo suo ultimo libro diverso dagli altri. Un po’ perché il primo dopo la morte di Maria, sua moglie amatissima e compagna da sempre di tutte le sue battaglie, e un po’ perché in esso Ernesto svela le sue radici di uomo e di missionario. Durante la lettura ti trovi spesso a chiederti se uomini così appartengono alla stessa Terra in cui vivi tu. Poi scopri che uomini così nascono in normali famiglie, anche molto numerose, (undicesimo di undici figli), in famiglie semplici e modeste dove però regna l’amore, il rispetto reciproco, la rettitudine e la serenità.
Fu proprio Mamma Ester, con spirito profetico, a dire di Ernesto, non proprio studente modello, «Farà altro nella vita!» e tanto altro quel figlio ha veramente realizzato, soprattutto nella vita di molte persone fragili e bisognose.
Il sogno di Ernesto nacque in lui fin da piccolo: «Sono sempre stato timido, eppure sin da bambino sognavo di far qualcosa che avrebbe aiutato la gente». [pag.19]
Quando compì 12 anni, suo padre fu trasferito con tutta la famiglia a Chieri da Pandola, in provincia di Salerno, e a Chieri il sogno di Ernesto prenderà corpo in un desiderio coltivato a lungo nel tempo: sconfiggere la fame nel mondo!
Rendersi conto di quanti giovani Ernesto, e in seguito Ernesto e Maria, hanno saputo catalizzare intorno a questo loro desiderio, è semplicemente entusiasmante: giovani impegnati, pronti a rinunciare al tempo libero, al riposo, al divertimento, pur di discutere, lavorare, pianificare insieme parecchie iniziative.
Un versetto del Vangelo di Luca - Se aveste una fede piccola come un granello di senape, 0voi potreste dire a questo sicomoro: Sradicati e piantati nel mare! E vi ubbidirebbe [Lc 17,6] - torna in mente spesso durante la lettura, perché è proprio grazie alla sua fiducia illimitata in Dio, grazie al suo «mangiare la Parola di Dio cento e cento volte» [Pag.68] che, questo uomo, non tanto alto di statura, molto timido, senza studi brillanti alle spalle, comincerà in umiltà a incontrare i grandi della terra per realizzare quelli che, con il tempo, divennero i sogni di tutto il suo nuovo gruppo: il SerMiG ( Servizio Missionario Giovanile).
Fa sorridere, ma fa anche molta impressione la determinazione con la quale Ernesto, appena gli parlano di qualcuno che potrebbe aiutarlo nella sua missione e gli suggeriscono un nome, immediatamente decide «Vado a Roma ad incontrarlo, ditemi dove lo posso trovare, chi me lo può presentare?!» e sempre riesce nella sua impresa, e dove altri tendono a trattenerlo «Questa volta hai fatto il passo più lungo della gamba - Ora hai proprio esagerato…». Mai per vanità, sempre per amore del Vangelo!
Abbiamo contato nel libro almeno una trentina di questi significativi incontri, ma sono certo molti di più: Helder Camara, Madre Teresa di Calcutta, Frère Roger Schutz di Taizè, Giorgio La Pira, Papa Giovanni Paolo II, Papa Benedetto XVI, Papa Francesco, Luisa Manfredi King, il cardinal Pellegrino che un giorno arriverà a dirgli: «Ernesto, ho un dubbio…sei tu un mio collaboratore o io un tuo collaboratore»” [pag. 62], il cardinal Ballestrero, Luciano Mendes de Almeida, Benigno Zaccagnini, Guido Bodrato, il presidente Mattarella più e più volte… . Con molti di loro Ernesto e i suoi amici hanno saputo riempire le piazze, i palazzetti e le chiese di giovani che potessero ascoltare le loro parole.
Come quella volta, era il 23 febbraio del 1969, che riuscì a combinare un concerto con Celentano al Palazzetto dello Sport. Si trattava del primo incontro pubblico organizzato dal SerMiG.
«Tu sei matto! - gli disse monsignor Rolla - al massimo riuscirai a riempire uno spicchio del Palazzetto. Vuoi far fare una brutta figura alla curia?!». «Per realizzare quell’evento mettemmo in moto cuore, fantasia e tanta fatica. Ci autotassammo e nei mesi precedenti organizzammo centinaia di incontri in Torino e Provincia per coinvolgere la gente. Interessammo la stampa: quotidiani, giornali cattolici e non, tv e radio. Stampammo centomila volantini. Facemmo richiesta di affissione per mille manifesti in città… cercammo macchine munite di altoparlanti per andare in giro a pubblicizzare l’evento… invitammo suore, militari e studenti di tutte le scuole. Lavorammo con serietà e tenacia e non lasciammo nulla di intentato. E andò come avevo previsto. Riempimmo il Palazzetto dello Sport all’inverosimile. Raccogliemmo milioni di lire da destinare ai lebbrosi. Uno dei tanti slogan era: il nostro benessere calpesta la dignità degli affamati. Il Terzo Mondo rappresenta il fallimento della nostra società». [pag. 48]
È un libro che ti brucia tra le mani e ti fa venir voglia di alzarti e di andare fiducioso a lasciarti coinvolgere. In effetti crediamo che sia questo il modo in cui il SerMiG continua ancora oggi a far breccia nei cuori di tanti giovani e meno giovani: preghiera e affidamento a Dio, discernimento, coraggio e passione.
Marzo 2025