Il primo libro di questo mese ci viene suggerito dal nostro parroco, don Mimmo Mitolo, con questa motivazione: «Si tratta di un libro sulla gioia - che in tempo pasquale è il più adatto - e che nutre il nostro cuore in un momento storico in cui ne abbiamo veramente bisogno tutti».  L’autore è un monaco di Bose, nato a Livorno nel 1976, studioso dei padri greci e bizantini.

24 Pienezza della Gioia Luigi dAyala Valva

Proprio perché stiamo vivendo tempi molto scuri e difficili da decifrare, come cristiani abbiamo bisogno di lasciarci guidare dalla sete di gioia che urge nei nostri cuori. Per diventare punti di luce a cui gli altri si rivolgono nel buio. Vivere la gioia significa risvegliarsi dal torpore e dall’angoscia per sentirsi anche disponibili a incontri inattesi. Significa andare oltre i gesti quotidiani per vivere un’intensità più profonda. Una vita gioiosa è una vita fatta di porte, di apertura, di connessione. Sa spezzare ogni istinto di difesa per andare oltre e cogliere una realtà più grande. Una persona triste non sente la voglia di agire, di credere, di pensare e di provare affetto come invece sente di dover fare la persona gioiosa. Perché la persona gioiosa è una persona che vive la speranza.

Eppure, secondo d’Ayala Valva, non è così semplice impadronirsi della gioia.

La vera gioia del discepolo suppone un parto, una nuova nascita ed è frutto di un lento e quanto mai faticoso processo di maturazione e di conversione di sguardo, non è già immediatamente disponibile, anche se di per sé fa parte della nostra natura.

La gioia evangelica è sempre in qualche modo una gioia di secondo grado, non una gioia spontanea e immediatamente legata alle situazioni positive della vita, ma una gioia a caro prezzo, che integra al suo interno la tristezza, il pianto, il lutto, la morte, la persecuzione, il fallimento, per trovare al cuore di tutto questo, al cuore di quel buco nero, di quel vicolo cieco, quella che, parafrasando Paolo, possiamo chiamare la “forza della debolezza” (cf. 2Cor 12,9): la forza di lasciare ogni ormeggio e sicurezza per sé, per aprirsi nella fede allo Spirito del Risorto. Finché l’essere umano resta “forte”, prigioniero della propria logica e della propria sicurezza, tutt’al più potrà provare una gioia passeggera ed effimera, ma essa non sarà ancora una gioia provata e alla fine sarà smentita dal corso degli stessi eventi che l’hanno suscitata e da cui rimane dipendente.

È lo Spirito del Risorto a educarci alla gioia, a uno sguardo positivo sulla realtà che ci circonda, per liberarne la gioia nascosta. Infatti, nell’intimo più profondo di noi stessi siamo abitati dalla gioia stessa dello Spirito, che è anche quella di Gesù: per questo dobbiamo scavare molto profondo in noi per permetterle di sgorgare, e fa parte del cammino verso la gioia piena l’imparare a riprendere contatto con il nostro cuore, con la nostra interiorità.

In fondo, la gioia, la gioia vera, anche quando ci sono motivi reali e validi che la spiegano, non è mai totalmente motivata nell’esperienza umana, né giunge come risultato di cause che noi possiamo porre e preparare, ma ci sorprende sempre, e chiede di essere accolta e continuamente motivata.

 24 Luigi dAyala Valva

Maggio 2025