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Il coraggio qualcuno riesce a darselo!
Il coraggio non come gesto istintivo e forse anche incosciente, ma il coraggio di convertire completamente il senso di una vita. Questo è ciò che ha fatto Vito Alfieri Fontana: un lungo, profondo e meditato cambiamento di vita.
Lui stesso afferma, nelle prime pagine del libro, di aver vissuto due vite. La prima come ingegnere elettrotecnico al servizio del mondo delle armi, un mondo che sembra viaggiare separato dalla realtà, o almeno dalla realtà che cerca di preservare la vita umana e non di distruggerla. La seconda come operatore umanitario.
Abbiamo potuto sentirlo dal vivo durante un’intervista a Torino lo scorso novembre. Un uomo non del tutto pacificato con il suo passato e con il male prodotto: «Ho progettato, costruito e venduto due milioni e mezzo di mine antiuomo. Ne ho tolte migliaia, per quasi vent’anni, tutte lungo la dorsale minata dei Balcani, dal Kosovo alla Serbia, fino alla Bosnia, rimettendo in funzione abitazioni, scuole, fabbriche, terreni agricoli, acquedotti e stazioni ferroviarie. In queste cifre si racchiudono simbolicamente, le due vite che ho vissuto. Dal punto di vista numerico, il bilancio è impari. Da quello della mia coscienza pure, perché il male compiuto resta. Per sempre».
E ancora: «A una mostra di armi li vedi tutti a braccetto, ucraini, russi, americani, egiziani che si infervorano nel presentare gli ultimi modelli di armi, di carri armati, di mine antiuomo… Che poi all’interno di quel carro armato ci sia un ragazzo di 20 anni o che quel nuovo tipo di cannone possa distruggere in un sol colpo un villaggio… nessuno ovviamente lo dice».
Il mercato delle armi è un mercato molto fiorente, lo è stato soprattutto negli anni ’80, un mercato che non accenna a crisi, e anche Vito Alfieri Fontana, conducendo la sua azienda familiare, vi ha partecipato ampiamente.
Il suo travaglio interiore è iniziato quando nella sua vita sono apparse alcune increspature - come egli stesso le ha definite -, domande a cui dare risposte - «papà, ma tu allora sei un assassino?» -, incontri particolari, persino sogni rivelatori di un qualcosa che si stava muovendo dentro la sua coscienza e verità non confutabili: il 70% degli uomini che hanno partecipato alla guerra del Vietnam, sono morti a causa delle mine; ancora oggi in Italia ogni giorno vengono operate molte persone ferite da ordigni bellici inesplosi della Seconda Guerra Mondiale e addirittura della Prima. Ogni anno vengono rinvenuti circa 60.000 ordigni bellici di diverso tipo, dal proiettile d’artiglieria alla bomba d’aereo. Sono ordigni tuttora pericolosi, anzi sempre più pericolosi. C’è una sola cosa, infatti, che viene deteriorata dal tempo, ed è la spoletta: questo rende l’ordigno più instabile.
L’apice di questo travaglio nel 1993, quando alla sua fabbrica verranno richieste 600.000 mine antiuomo, che egli si rifiuterà di produrre. Un NO pesante, pronunciato davanti a suo padre che non comprenderà del tutto il motivo di tale decisione: «Quando si tratta di un’impresa familiare, tutto è più complicato perché la lucidità necessaria nel prendere decisioni è costantemente offuscata dai fantasmi degli affetti…».
Qui inizia la seconda vita di Vito Alfieri Fontana, raccontata nella seconda parte del libro. Diciotto anni come sminatore in Bosnia. Operatore umanitario, grande sostenitore e attivista di campagne contro le mine.
Anche questa seconda vita non sarà facile da percorrere, vita di rinunce e sacrifici, densa di insidie sul campo e non. Eppure, una vita finalmente in linea con la sua coscienza. Per fortuna una vita condivisa da moglie e figli.
Grazie a 25 anni di campagne, con la Convenzione di Ottawa, firmata nella città canadese il 3 dicembre 1997 sono stati messi al bando l’uso, lo stoccaggio, la produzione e il trasferimento di mine antipersona. La Convenzione così esordisce: Gli Stati Aderenti sono determinati a porre fine alla sofferenza ed agli incidenti provocati dalle mine anti-persona, che uccidono e feriscono centinaia di persone ogni settimana, perlopiù innocenti e civili senza difese e soprattutto bambini, impediscono lo sviluppo economico e la ricostruzione, inibiscono il rimpatrio dei rifugiati e degli sfollati all’interno di un Paese, e comportano ulteriori gravi conseguenze anni ed anni dopo il loro utilizzo.
Il libro segue l’andamento della vita dell’autore. È denso di dati molto precisi e incredibili sul mondo delle armi e sul suo mercato, i suoi retroscena e le sue ipocrisie e quindi, nella seconda parte riporta scrupolosamente, ma senza retorica, i sentimenti più profondi dell’autore e racconta i suoi tanti interventi come sminatore e operatore umanitario.
Gennaio 2024