Se dovessimo definire sinteticamente questo libro diremmo: affascinante. Affascinante nella tesi che sostiene, ma anche nella sua stesura così ricca di riferimenti e di legami con altri autori e altre scienze.
Si è sempre pensato alla psicoanalisi come a una scienza atea, totalmente estranea alle religioni che, anzi, venivano da essa definite come costruzioni della mente umana per rendere più digeribile il dolore dell’esistenza. Massimo Recalcati, psicanalista tra i più noti in Italia, fondatore nel 2003 di Jonas Onlus (centro di clinica psicanalitica per i nuovi sintomi), autore di diversi testi, approfondendo le Sacre Scritture vi trova invece la presenza di grandi temi ereditati dalla psicanalisi. Ed ecco una nuova tesi: la psicoanalisi non soltanto non è estranea alla Bibbia ma presenta radici bibliche, radici nei miti biblici.
Il libro della Bibbia più indagato dallo scrittore è senza dubbio il libro della Genesi. Il dono della parola come ciò che costituisce la realtà, ovvero il nesso tra la parola e la sua potenza creatrice, rappresenta il primo grande tema biblico che si travasa nell’esperienza psicanalitica. Il Dio biblico si realizza pienamente nelle parole (così determinanti anche nel rapporto psicanalitico) con le quali crea il mondo e le creature. In seguito, il mito della costola perduta da Adamo per creare Eva come mito dell’origine del desiderio umano come ricerca nell’altro della parte più irraggiungibile di se stessi. Il mito del serpente che seduce con la promessa di far diventare l’uomo come Dio, di divinizzarlo. Il mito di Caino e Abele esperienza primaria dell’odio. L’uomo NON nato buono ma vittima di violenza e di invidia. E ancora il diluvio dei tempi di Noè, mandato da Dio non tanto per punire la malvagità degli uomini, quanto come ancora di salvezza per ricreare l’Alleanza perduta.
Mai tutto è morto, mai tutto viene distrutto da Dio. Sodoma e Gomorra sono esempi di come la furia di Dio non sia mai cieca: «La legge divina arretra, fa spazio all’eccezione, non è mai cieca, non agisce sulle vite umane come una sentenza senza possibilità di appello. È questo uno dei grandi temi che attraversa tutta la narrazione biblica e che non è per nulla estraneo alla psicoanalisi: come far esistere una legge che non si limiti ad esercitare la sanzione cruenta, il castigo necessario, ma che sia luogo di grazia e di possibilità di ricominciamento?» [pagg. 90-91].
Altro grande tema che la psicoanalisi eredita dal testo biblico è quello della verità che non può essere separata dalla responsabilità. Dio che chiede ad Abramo di sacrificargli il figlio Isacco inchioda Abramo; egli non fa esperienza di libertà ma dell’impossibilità di sottrarsi alla sua responsabilità. Abramo è l’uomo che, contrariamente alle due generazioni precedenti che hanno dimenticato Dio, sa rispondere alla chiamata di Dio, si apre alla trascendenza dell’Altro.
Non meno affascinante è la tesi di Recalcati su Giobbe e sul tema del senso dell’esistenza e soprattutto del senso della sofferenza nell’esistenza: «La scena che domina il libro di Giobbe è quella di un abbandono: l’uomo retto e giusto, timorato di Dio, viene lasciato cadere, rotola nella polvere e nella cenere e il suo corpo viene ricoperto di piaghe. La notte di Giobbe assomiglia a quella di Gesù nel Getsemani: il Padre non si cura del Figlio, non lo tutela, lo lascia nella solitudine più assoluta, il suo silenzio appare scandaloso di fronte al dolore dell’uomo. Ma dinanzi alla solitudine e al silenzio Giobbe non cessa di rivolgersi a Dio. Per questo Giobbe non è tanto la figura della pazienza e della rassegnazione, come la si è voluta tradizionalmente dipingere, bensì una figura della lotta. La sua fede non cede ma insiste nell’incontrare Dio faccia a faccia» [pagg.189-190].
Massimo Recalcati dà quindi spazio al libro del Qohelet o Ecclesiaste e al tema della caducità della vita, mai tanto presente nella Bibbia come in questo libro. Tutto è un soffio. Se da una parte il testo biblico ci propone un uomo creato a immagine di Dio, dall’altra ci propone l’umano che torna inesorabilmente al nulla da cui proviene. L’uomo come splendore e polvere insieme. Naturalmente l’uomo ispirato da Dio e autore del libro sapienziale ci invita, proprio perché la vita è un soffio, a cercare Dio e ad affidarsi totalmente al Suo progetto per noi.
Il libro di Recalcati andrebbe letto non soltanto per condividere o meno le tesi dell’autore, ma soprattutto per liberarci una volta per tutte dall’idea che i miti presentati nella Bibbia siano banali favolette da raccontare ai bambini o, ancora peggio, storie da interpretare letteralmente. I generi letterari usati nella Bibbia sono numerosi (il mito, la saga, la storia, la profezia, la parabola….). Citiamo Bruno Barberis dal suo libro La BIBBIA. Una storia, due autori: Dio e l’uomo, da noi presentato mesi fa: «Il mito ci racconta, sotto forma di storia, realtà che sono al di là del tempo e dello spazio, che sono il fondamento della vita umana. I miti nascono allo scopo di riflettere sui grandi interrogativi che interessano l’uomo: da dove viene il mondo? Perché l’uomo esiste? Perché la sofferenza? Perché la morte? Perché l’attrazione tra i sessi? Perché molti popoli e molte lingue? …Invece di trattare tali problemi in modo astratto ed erudito, i miti lo fanno sotto forma di storie ambientate in un mondo immaginario e in un tempo antecedente la comparsa dell’uomo, il tempo degli dei. Le storie mitiche sono pertanto le prime profonde riflessioni dell’umanità».
Aprile 2024